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vendredi 17 juillet 2015

"La religion de notre temps" de Pier Paolo Pasolini (1953-1964)

È quella viltà[1] che fa l’uomo irreligioso.
È come un profondo impedimento che, all’uomo, toglie forza al cuore[2], calore al ragionamento […]
Può renderlo feroce, qualche volta,
ma sempre lo rende prudente:
minaccia, giudica, ironizza, ascolta[3]
ma è sempre, interiormente, impaurito.
Non c’è nessuno che sfugga[4] questa paura.
Nessuno perciò è davvero amico o nemico.
Nessuno sa sentire vera passione:
ogni sua luce subite s’oscura
come per rassegnazione o pentimento[5].
[…]
Qui, tra le case, le piazze, le strade piene di bassezza, della città in cui domina ormai[6] questo nuovo spirito che offende
l’anima ad ogni istante – con il duomi[7], le chiese, i monumenti muti nel disusa angoscioso che è l’uso d’uomini[8]
che non credono – io mi ricuso orma a vivere.

Presto
Anche noi, dolce superstite[9],  saremo perduti in fondo a questo fresco pezzo[10] di terra: ma non sarà una quiete[11] la nostra, ché si mescola in essa troppo une vita che non la avuto meta.[12]
Avremo un silenzio stento[13] e povero, un sonno doloroso, che non reca[14] dolcezza e pace, ma nostalgia e rimprovero[15],
la tristezze di chi è morto senza vita : sa qualcosa di puro, e sempre giovane, ….



[1] Lâcheté
[2] qui ôte toute force au cœur de l’homme, toute chaleur à son raisonnement
[3] qu’il menace, qu’il juge, ironise ou écoute
[4] éluder
[5] la flamme qu’elle peut jeter s’éteint bien vite comme par repentir ou résignation.
[6] désormais
[7] cathédrales
[8] muets dans l’angoissante désuétude où les laissent les hommes.
[9] survivant
[10] lopin
[11] repos
[12] Il s’y mêle trop d’une vie consumée en vain
[13] pénible
[14] qui n’apportera pas
[15] reproche

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